Ognuno potrebbe – Michele Serra

Giulio, il protagonista dell’ultimo romanzo di Michele Serra Ognuno potrebbe (Feltrinelli, 2015), incarna appieno l’uomo del nostro tempo. Ovvero, colui che fondamentalmente è un insicuro e, fra tanta “spettacolarizzazione di sé”, si sente perdente e fuori luogo.

Nelle fotografie mi si riconosce perché sono l’unico che non fa niente. Non saluto, non rido, non faccio smorfie, non sventolo le braccia, non mostro pollici o indici secondo la mimica manuale in uso, non mi protendo verso l’obiettivo, non abbraccio il vicino, non ammicco. Niente. Non mi viene da fare proprio niente. Sono nient’altro che me stesso in tutta la mia inerte normalità, in un istante casuale tra i tanti che compongono la mia vita.

In una società in cui l’“io” è diventato ossessione – regolata dal selfie più che dalla sostanza – Giulio avverte la propria estraneità e attende che accada qualcosa. Spettatore passivo, egli abita in quella imprecisata pianura dominata dalla zona industriale, con distese di capannoni, dove tutto appare piatto e le rotonde nascono come funghi, giusto per ricordare all’uomo quanto sia facile perdersi.

Giulio “patisce” la situazione, elucubrando in continuazione e risultando anche ripetitivo e catastrofico nelle sue deduzioni. Un “rompiballe stabile”, come lo definisce la fidanzata Alice.

Sono un rompiballe stabile? Voglio dire, questa irritabilità incombente, questa scadente sintonia con le cose che mi circondano dipende solamente da me? Sparissi io, Giulio Maria con il suo corredo di malumori, diventerebbe tutto, di colpo, bello, radioso, ordinato? I capannoni vuoti, le rotonde, i muri scoloriti, il reflusso metà ferroso metà plasticoso che rigurgita dalla mia terra stomacata, diventerebbero di colpo un magnifico e arioso posto?

Alla soglia dei 36 anni Giulio fa un bilancio della sua vita: parla del defunto padre, che è stato un grande ebanista e che lo ha concepito in tarda età, facendolo sentire da sempre come un “figlio scaduto”; della madre dagli occhi azzurri e furbi, che ancora adesso si vanta di avere in gioventù “fatto Ibsen”; dei suoi trascorsi scolastici che lo hanno sempre visto come uno studente mediocre – prendeva a malapena la sufficienza. Quel sei meno, raggiunto senza lode e senza infamia, era il minimo indispensabile per non cadere nel baratro, sull’orlo del quale si aggirava, lui, che in realtà avrebbe potuto fare molto di più. Se solo avesse voluto.

L’intima attesa di Giulio si protrae anche nella vita reale, poiché egli vuole che qualcuno gli compri il capannone del padre, un tempo falegnameria fiorente e adesso silenziosa, con tutti i macchinari ancora al loro posto, lì fermi e sospesi tra passato e presente.

“Eroe dell’insofferenza”, Giulio continua a rimuginare fra il comico e lo sconsolato, mettendo in evidenza una società in piena crisi, nella quale persino l’arrivo degli investitori cinesi allarga la voragine che il lavoro artigianale, ormai morto e sepolto, ha lasciato. Nonostante il tentativo di riempire tutto con un’era digitale, che però si è rivelata superflua.

Ho amato il Michele Serra de Gli sdraiati e mi sarei attesa un altro bel libro, scritto con ironia e da centellinare con attenzione. Ognuno potrebbe fa emergere tutta l’inquietudine di un uomo che sente di avere fallito nella vita e che si vive come un alienato. Sarà perché questa storia è volutamente senza capo né coda, ma l’ho trovata troppo dispersiva e quindi poco incisiva.
Non ha catturato il mio interesse e, seppur apprezzando la prosa di Michele Serra, come il suo personaggio Giulio, l’ho trovato un libro mediocre.

 

Ognuno potrebbe
Michele Serra
Feltrinelli, 2015
Pagine 152
Prezzo di copertina € 14,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa