Salvatore Basile: alla ricerca della vita autentica

Un esordio e un successo, ma lui si distingue, perché nasce come sceneggiatore e regista, sa cogliere gli attimi, fermare i pensieri, sa entrare in empatia con i volti. E se con Michele ed Elena, protagonisti de Lo strano viaggio di un oggetto smarrito, ci ha condotto verso un mondo interiore nuovo, aperto alla vita, adesso lo aspettiamo con un nuovo lavoro, pronti a emozionarci ancora. Salvatore Basile ferma i pensieri con la penna, trattiene l’anima nelle parole, sostiene con la forza della volontà chiunque decide di leggerlo. Ci insegna ad amare la letteratura, e attraverso di essa la bellezza, quindi la vita.

Ne Lo strano viaggio di un oggetto smarrito sono tanti e diversi i temi trattati, principalmente c’è il rapporto madre-figlio, o meglio figlio-madre: crede come alcuni psicologi che la felicità dei figli dipenda dalla “tipologia” di madre che si ritrovano?
È un argomento molto complesso e, come spesso accade, non credo ci sia una verità assoluta. È chiaro che la figura materna incida parecchio sul carattere di un figlio, sulle sue abitudini, perfino sul suo modo di pensare, almeno per i primi anni di età. Ma poi ognuno di noi ha la sua storia, i suoi traguardi da raggiungere, il suo modo di essere. E ciò non credo che dipenda solo da fattori esterni, ma da qualcosa che è dentro di noi e che appartiene solo a noi. Come il seme di ciò che siamo destinati ad essere. Questo seme può fiorire in fretta, oppure ritardare. Magari può essere contaminato… ma alla fine è inevitabile che si riveli.

Ci stupisce che questo libro sia il suo primo e, dunque, lei come scrittore di romanzi è esordiente: possiede il dono della scrittura o dietro c’è tanto lavoro di studio e gavetta (anche se scrivere sceneggiature penso sia diverso da scrivere romanzi): chi sono i suoi maestri? Quale il libro che custodisce dentro al suo cuore e le piace più di tutti?
Scrivo sceneggiature da 25 anni, anche se è un lavoro molto diverso dallo scrivere romanzi. Però è inevitabile, nonostante le diversità, che la dimestichezza con il narrare si faccia sentire. Credo di aver avuto centinaia di maestri, perché ogni libro che leggi ti insegna qualcosa, anche sulla scrittura, e ti rimane dentro. Detto ciò, Paolo Volponi e Romano Bilenchi sono gli autori che mi hanno colpito e, di conseguenza, influenzato maggiormente tra gli italiani. E Il buio oltre la siepe e Sinhue l’egiziano sono i due romanzi che mi hanno catapultato nella passione per  la lettura, sin da piccolo.

Durante la lettura, tutti i nodi vengono al pettine, secondo lei nella vita reale è anche così?
Nella vita reale non esiste una regola. Alcuni nodi vengono al pettine, altri non ci arrivano mai. I comportamenti delle persone sono dovuti a mille motivazioni e dipendono da altrettante sfaccettature. Forse, l’unico criterio da seguire per capire se una persona ha torto o ragione è la buona fede o la sua mancanza.

Quanto di inventato e quanto di vero c’è in questo libro? Quale personaggio le piace di più?
La storia è stata definita “una favola moderna” e ciò, devo dire, mi fa molto piacere. Tutti i personaggi sono inventati, lo sono perfino i paesi descritti che sono immaginari e non esistono nella realtà. Di vero… restano le riflessioni sulla vita, che comunque sono soggettive, quindi opinabili. Tra i tanti personaggi ho amato molto Erastos, un uomo solitario che fa di tutto per essere felice, tanto da rasentare il distacco dalla realtà.

Una curiosità, il papà di Michele non parla nel testo, perché morto, lei personalmente lo condanna o lo perdona per le sue bugie?
La vita mi ha insegnato a non condannare mai nessuno, a cercare di mettermi nei panni degli altri per provare a capire le motivazioni che spingono alcune persone a commettere atti a volte anche deprecabili. In realtà preferisco il termine “giustificare”, rispetto a condannare o perdonare. È più razionale, umano, laico. Ciò vale anche per il padre di Michele che, in ogni caso, ha sofferto molto.

Si tratta del suo primo libro, eppure il pubblico già la ama come scrittore, come le piacerebbe essere ricordato alla memoria? Con quale messaggio?
Sorrido. Spero di essere “ricordato alla memoria” il più tardi possibile. Ma se proprio qualcuno dovesse ricordarsi di me, mi piacerebbe fosse a causa del mio ottimismo sfrenato.

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist