Alaska – Brenda Novak

 

Il primo volume della serie con protagonista la psichiatra Evelyn Talbot, una trentacinquenne che sente sempre di dare fiducia alla persona sbagliata, non mancherà d’intrigare gli amanti del thriller. Quell’ambiente claustrofobico fra i ghiacci, dove in una struttura psichiatrica di massima sicurezza vengono a trovarsi i più pericolosi serial killer del Paese, infonde la giusta idea di rischio, proprio mentre infuria una tempesta di neve che di certo non facilita fughe né spostamenti.
Alaska (Giunti Editore, novembre 2016) dell’americana Brenda Novak crea attorno a sé interesse, sebbene parta da una trama non del tutto originale – in letteratura e al cinema abbiamo già assistito a “setting” ad alta concentrazione di spietati assassini. La narrazione è piacevole, e la voglia di capire cosa stia succedendo porta a finire la lettura. Mano a mano che la storia procede, però, subentrano delle perplessità – per non dire delle “ingenuità” nel trattare soprattutto la storia amorosa che nasce fra la protagonista e il bel sergente Amarok, più giovane di lei di sette anni, unico ad indagare in maniera ufficiale sul caso.

Evelyn Talbot è riuscita a sopravvivere, all’età di sedici anni, ad un killer che le ha ucciso le tre amiche più care, imprigionandola in un capanno per giorni. Di Jasper, questo il nome dell’assassino che all’epoca era anche il suo fidanzato, si sono perse le tracce, dato che con la complicità della famiglia egli è riuscito a fuggire e ad evitare il carcere. Da allora, la donna ha utilizzato ogni suo giorno in terra per studiare gli psicopatici, tanto da aver contribuito all’apertura di Hanover House, una clinica psichiatrica nel bel mezzo di una remota località dell’Alaska, dove l’inverno è così gelido che è ideale muoversi con lo spazzaneve. La struttura, gestita appunto da Evelyn e dall’ambiguo collega Fitzpatrick, ospita con finalità scientifiche i più spietati serial killer d’America. I pochi abitanti non dormono sonni tranquilli, ma quando nella neve viene ritrovata la testa di una donna, orrendamente martoriata, la probabilità che in giro ci sia un killer diventa reale. Mentre una tormenta di neve si abbatte sulla zona, Evelyn torna a fare i conti coi fantasmi del passato. Forse Jasper non ha smesso di cercarla, ed ora è lì, in quel posto freddo dove è sempre buio. Dal canto suo, il giovane e fascinoso sergente Amarok pensa che portare un branco di efferati assassini a pochi passi dalle loro abitazioni sia stato da incoscienti, e che quanto avvenuto sia perciò ineluttabile. Ma come faranno i detenuti ad aggirare la sorveglianza? E soprattutto, perché uno di loro desidera parlare in privato con Evelyn, affermando che non tutti i sadici assassini siano rinchiusi in una cella?

La trama risulterebbe avvincente, se solo l’autrice non avesse concentrato l’attenzione sulla vita privata di Evelyn e sulla sua paura di tornare a fidarsi di un uomo – in questo caso di Amarok, con cui intesse una relazione. Interessante è quel che avviene all’interno di Hanover House, peccato quindi che la maggior parte delle scene sia ambientata a casa dei rispettivi amanti. Inoltre, il fatto che Evelyn non voglia avere rapporti sessuali con Amarok – ma poi ci ripensa e va fino in fondo – è trattato in modo un po’ troppo ridondante, e in maniera grossolana.

«Stai bene?» Evidentemente si aspettava che lei lo respingesse all’ultimo istante, ma Evelyn strinse le gambe accogliendolo in sé.
«A te cosa sembra?» rispose.
«Sono dentro» mormorò lui in tono di meraviglia.
«Ti sento. Mi fai stare bene. Piena. Completa. Parte di te»

E non è per essere bacchettoni. Ma il romanzo è zeppo di queste scene, inutili alla finalità dell’intreccio. Evelyn che si concede ma poi si pente; Amarok che la vuole, ma poi si ritrae offeso. Lui che le chiede in continuazione a cosa stia pensando; lo svisceramento meticoloso di tutti i motivi per cui non dovrebbero avere una storia; l’affermazione serrata che lei comunque se ne andrà presto dall’Alaska e quindi il loro rapporto non potrebbe durare; la gelosia di lei che spesso gli ripete che lui è giovane e potrebbe avere chi vuole. Insomma, va bene che l’autrice voglia spiegare nei minimi dettagli il trauma interiore vissuto da Evelyn e prepari il terreno per i prossimi episodi, ma l’amante del thriller così si annoia! Quando le divagazioni sono troppe, si perde la concentrazione.

Inoltre, Evelyn Talbot dovrebbe essere a capo della struttura carceraria, quindi perché l’autrice la pone come fosse una sprovveduta? E si pensa che in questi posti operino persone specializzate, allora perché far sempre credere che vi si possa lavorare tramite inserzione sul giornale? Ad un ufficio di collocamento, per andare a sorvegliare pericolosi assassini seriali, non ci crede nessuno.
In conclusione, a parte qualche incongruenza, parecchie banalità e un po’ di confusione sul finale, in cui si arriva a sospettare di tutti come fosse una catena di montaggio, Alaska conserva comunque un suo fascino. Qualcosa da salvare c’è, peccato non tutto.

 

Alaska
Brenda Novak
Giunti, novembre 2016
Pagine: 468
Prezzo: € 14,90

 

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa