Fiori sopra l’inferno – Ilaria Tuti

Fiori sopra l’inferno di Ilaria Tuti (Longanesi, gennaio 2018) è un thriller che si presta a una lettura incalzante. Durante le vacanze natalizie, affascinata dell’opera divulgativa svolta dalla casa editrice, ne ho atteso con ansia l’uscita, per poi “divorarlo” in un paio di giorni.

Nel cuore delle Alpi, fra boschi ripidi ed innevati ai confini con l’Austria, qualcuno sta compiendo orrende mutilazioni ai danni degli abitanti dell’immaginario paese di Travenì. Le vittime raramente sopravvivono. Si tratta di violente aggressioni che tendono a brutalizzare, privando i corpi di particolari anatomici quali occhi, pelle, naso. La squadra incaricata delle indagini brancola nel buio, poiché il modus operandi del killer risulta spiazzante; in apparenza privo di una comune logica o di un filo rosso che unisca la tipologia dei suoi bersagli.

La suggestiva ambientazione, fra i monti, è il primo punto di forza di questa storia, che ci presenta un microcosmo pressoché perfetto che va invece a frangersi e a riscoprirsi pregno di antichi segreti. Un ambiente “chiuso”, dal punto di vista di una comunità che mal volentieri si apre allo “straniero”, complice ed unita nell’assurda presunzione d’innocenza a priori, di ogni suo singolo membro. Un paesaggio impervio che emana un senso di claustrofobico isolamento, dove le forze messe in campo sono limitate e non si può contare su alcun aiuto giunto dall’esterno.

Il secondo punto a favore dell’autrice è senza dubbio il commissario Teresa Battaglia, ovvero non il solito commissario giovane e prestante, dal quale ci si aspetta la classica storia d’amore imbastita con uno dei sottoposti. Sessantenne in sovrappeso, la “rossa” Teresa lotta ogni giorno coi suoi fantasmi, ma anche col diabete che l’affligge e la limita nei movimenti. Materna, senza avere figli suoi; sagace e combattiva, è un capo che sprona la sua squadra e induce ad indagare sotto una nuova prospettiva. Protegge i suoi uomini e sa farsi amare, per quanto estremamente burbera nei modi. Teresa Battaglia è quel che si dice un profiler, ovvero colui che, tenendo conto di studi e statistiche, cerca di mettersi nei panni dell’assassino per tracciarne un identikit quanto più verosimile. E il giovane Massimo Marini, quello “nuovo”, giunto da poco a far parte della squadra investigativa, sa bene quanto Teresa possa essere dura, coi suoi commenti pungenti, volti a mortificare se necessario. Ma allo stesso tempo, riconosce quanto lei sia carismatica, tanto da restarne letteralmente ammaliato, nella speranza di conquistare la sua stima. In realtà, al momento basterebbe che lei non si ostinasse a considerarlo un perfetto imbecille, seppur un ragazzo divertente e dalla battuta sempre pronta.

Ma c’è un ulteriore cruccio a mettere in difficoltà Teresa. Ella avverte la memoria venire meno, ogni giorno di più, tanto da dubitare sulle sue stesse capacità di portare a termine l’indagine. Nessuno deve sapere; quella diagnosi che tanto la spaventa e che lei attende, non deve in alcun modo trapelare.

L’assassino si nasconde nell’ombra, in un bosco fitto che conosce bene. Fra le viscere della terra si trova nel suo elemento. Novello “Prometeo”, egli può essere avvicinato soltanto da chi, come Teresa, è in grado di provare empatia e comprendere il suo disegno.

Senza rischiare di rivelare oltre, dico solo che l’evolversi della storia metterà ancora una volta in luce il fatto che l’uomo malvagio sia il prodotto di una società che si diverte a sperimentare e a creare disagi. In sintesi, quelle aberrazioni della storia che hanno segnato la nostra civiltà e che assolutamente nessuno può perdonare.

 

Fiori sopra l’inferno
Ilaria Tuti
Longanesi, gennaio 2018
Pagine: 366
Prezzo: € 16,90

 

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa