Le donne, i bambini e la guerra – Maria Franzè

Oggi raccontare di guerra non è facile perché si rischia di non capire. La memoria storica sta per scomparire in quanto i nostri nonni, che la guerra l’hanno vissuta davvero, sono sempre meno e dunque ai giovani, immersi nella contemporaneità del consumismo, viene difficile poter capire. Però ci sono sempre le memorie, e chi la guerra la sa narrare, con tutti gli orrori che essa comporta. Maria Franzè è stata brava a cogliere quelle sottigliezze che i telegiornali oggi non dicono più: è riuscita a parlare di sentimenti, legati all’orrore dell’ingiustizia, infondendo in tutti noi il senso di inadeguatezza persino quando si è clandestini. E lo ha fatto dando la parola ai più deboli, i bambini e le donne: coloro che da sempre espiano le colpe degli altri.

Ne Le donne, i bambini e la guerra, Gm Press, l’autrice narra la storia vera della guerra del Kosovo, l’altro lato della medaglia, quello in cui si fugge, si perde la casa, quello dei civili, degli onesti, dei comuni cittadini vittime dell’odio che viene dall’alto. Attraverso la voce di Sven, il piccolo che osserva con gli occhi dell’innocenza, soffriamo, piangiamo, rimuginiamo sugli orrori che comporta la violenza e assaporiamo la voglia del riscatto sociale. Egli, bambino costretto dagli eventi a diventare adulto, guarda in faccia la morte, guarda in faccia l’abuso che i soldati fanno alla madre, egli sta a casa di notte da solo perché la sua mamma deve andare a lavorare. Invece di giocare in modo spensierato, com’è giusto che sia, Sven pensa e riflette su termini quali permesso di soggiorno, fuga, guerra, povertà. L’autrice con estrema delicatezza pone il lettore dinanzi alla realtà sentendosi impotente di fronte a questo degrado umanitario.

Il testo è composto da due racconti brevi: uno di essi appunto è dedicato alla guerra, l’altro alle corrispondenze, un epistolario tra sorelle in tempo di emigrazione. In quest’ultimo ciò che viene fuori è un forte legame familiare, un forte senso di appartenenza malgrado la distanza: le due sorelle vivono una in Calabria e una negli Stati Uniti. Sono tanti e diversi i temi trattati. L’amicizia, il matrimonio, il lavoro, l’emigrazione, la condizione della donna nel Sud Italia. La Franzè con estrema maestria sa essere malinconica, nostalgica, e utilizza dei termini dialettali proprio per rendere più credibile l’approccio storico che ha riguardato il nostro Paese anni fa.

Tutte le epistole si concludono con la frase «finisco di scrivere con la penna ma mai con il cuore» che appare come una sorta di nenia, di consolazione, carica di speranza per la prossima lettera.

Domani mattina andrò via insieme alla bambina. Non ce la farai e fermarmi, e se ci dovessi provare ti denuncerò, ho tutte le cartelle cliniche dalla mia parte. Racconterei finalmente la verità e ciò non ti converrebbe, rovinerei la tua professione. Non vi è più armonia, regnano solo la mia paura e il tuo livore. Rientrare dopo una giornata di lavoro è un vero supplizio, sentendomi costretta a respirare la tua stessa aria.

Le corrispondenze raccontano tanti temi attuali, tra cui la violenza tra le mura domestiche, evidenziano la donna nella sua forza, nelle sue paure e nella sua voglia di riscatto. Un testo che guarda in faccia la realtà e che consegna ai posteri un bagaglio di sentimenti autentici, e al giorno d’oggi irripetibili.

 

Le donne, i bambini e la guerra
Maria Franzè
GM Press, 2018
Pagine 128
Prezzo € 12,00

 

 

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist