Intervista ad Alessandro Bongiorni

Ricostruire il quadro storico e politico degli anni delle Brigate Rosse, parlando di Andreotti, Della Chiesa e di tutti quei personaggi noti al pubblico per comprendere e scavare in uno dei misteri italiani: il caso Aldo Moro.. Prendendo spunto dalla realtà Alessandro Bongiorni ha creato un romanzo di invenzione dove emergono caratteristiche morali contrastanti: dalla crudeltà all’onestà. Lo abbiamo incontrato.

Come nasce l’idea di scrivere Strani eroi?
Nasce da un’ossessione: quella per i misteri d’Italia. E dal fatto che il caso Moro sia il mistero d’Italia per eccellenza. Dopo la morte di Moro nulla è rimasto come prima. Quest’anno poi è il quarantennale, e ho approfittato dell’occasione per fare una cosa che comunque, prima o poi, avrei fatto ugualmente. Dovevo farlo, insomma.

Chi sono questi particolari eroi?
Antonio Ruiu, un colonnello dei carabinieri in servizio presso l’Ucigos – una sorta di polizia segreta che Cossiga istituì nel gennaio del 1978; Carlo Peres, un giovane giornalista de l’Unità che prima lavora a Milano accanto a Mauro Brutto, poi finisce a Roma e diventa il braccio destro di Mino Pecorelli; infine, Cinzia, una prostituta d’altissimo bordo che va a letto solo con certi uomini e per conto di un potente faccendiere – ispirato alla figura di Licio Gelli – al fine di carpire informazioni.

Tre aggettivi per descriverli?
Peres è il Male. Cinzia è la Redenzione. Peres è il Conflitto.

Come nasce la sua passione per la scrittura?
Difficile dirlo. Probabilmente è un’idea che c’è sempre stata, solo che a un certo punto l’idea ha rotto gli argini e ha preso una forma. Direi che è successo a metà 2008, più o meno, mentre lavoravo alla tesi. Quanto mi sono accorto di cosa stavo facendo, ormai ci ero già dentro.

Uno scrittore a cui è più legato?
Ce ne sono tanti, e tutti per motivi diversi. Steinbeck, Stevenson e Leonard perché ho fatto una tesi su ognuno di loro, quindi ho avuto modo di scavare nella loro opera. Di abbracciarli a fondo. Da Leonard, in particolar modo, ho appreso l’arte del dialogo. Conan Doyle perché mi ha insegnato le basi per imbastire una trama gialla. Ellroy e Winslow, invece, mi hanno aiutato a fare quello scarto che mi ha permesso di crescere. Mi hanno fatto capire dove volevo andare con la scrittura, facendomi passare dal giallo classico dei miei due romanzi d’esordio al noir.

Tre aggettivi per descriversi?
Difficile, divertente, onesto.

 

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice