Perché insegnare l’italiano ai ragazzi italiani. E come – Paolo Ernesto Balboni

Lo scorso anno era stata pubblicata una lettera da parte di seicento docenti universitari di Firenze indirizzata al Presidente del Consiglio, al Miur e al Parlamento dove si denunciava che gli italiani non sanno scrivere in italiano, la scuola italiana pecca di questo insegnamento, e che dunque urge una nuova didattica da applicare nelle scuole. Partendo dalla questione il docente universitario della Ca Foscari di Venezia, Paolo Ernesto Balboni, ha scritto il libro, pubblicato da Marsilio, Perché insegnare l’italiano ai ragazzi italiani. E come, un titolo provocatorio perché come tutti sappiamo la scuola è cambiata e oggi non esiste più il docente che insegna e il discente che apprende, ma ogni apprendimento si basa sulla motivazione, così come l’insegnamento del resto. Partendo dall’analisi che ne hanno fatto molti studiosi, psicoterapeuti, critici letterari e filosofi come Rogers, Schumann, Arnold, Gardner, Goleman ecc l’autore sembra concorde che alla base della motivazione ci debba essere una sorta di piacere intellettuale cui segue una buona motivazione: anche per questo elogia la teoria dell’intelligenza emotiva e delle intelligenze multiple. L’insegnamento della lingua italiana più di tutti pecca di motivazione, perché i discenti la conoscono per relazionarsi tra loro e pensano di non averne bisogno. Gli stranieri sono più interessati per il loro inserimento nella società. Dunque da cosa partire?

Il prof. sostiene che bisogna cambiare la modalità di apprendimento e di insegnamento concedendo ai ragazzi la possibilità di far scoprire loro delle regole anche attraverso il gioco. Niente di nuovo in pratica, le modalità di cooperative learning e dei giochi didattici ormai sono comuni alla maggior parte dei docenti giovani che amano mettersi alla prova con queste tecniche dinamiche. I modelli di autorealizzazione che offrono calciatori, cantanti e veline mostrano un totale disinteresse per questa lingua che poi è una conoscenza trasversale per tutto il resto delle discipline, dunque il preadolescente che li vede come miti non sente il dovere, il bisogno e il piacere di studiarla bene.

Far scoprire (almeno in parte) la grammatica anziché insegnarla con schemi già fatti, far creare una grammatica o un manuale di comunicazione interculturale da affiancare a quelli predisposti da esperti è un modo per fornire questo piacere.

Balboni consiglia ai docenti di far scoprire attraverso il gioco e la sfida le terminologie della morfologia in modo che la mente impari a osservare la realtà e i fenomeni. Li invita ovviamente a motivarsi e trasmettere, quindi, la conoscenza in modo piacevole perché di certo esiste un «impoverimento della competenza comunicativa in italiano». Un testo da leggere perché ricco di spunti anche per studiare con entusiasmo alcune tecniche “di uso”  e di “funzionamento” per l’analisi grammaticale, logica e del periodo, per l’uso cognitivo di comprensione, rielaborazione e produzione. Il prof. – direttore del Centro di Ricerca sulla Didattica delle Lingue presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia e presidente mondiale della Fédération Internazionale des Professeurs de Langues Vivantes – ci lascia questa riflessione: «lavoriamo sull’italiano proprio perché lo sai già, perché è nella tua mente»; impariamo, studenti e insegnanti, a sapere, saper usare e a saper riflettere.

 

Perché insegnare l’italiano ai ragazzi italiani. E come
Paolo E. Balboni
Marsilio, 2017
Pagine 154
Prezzo € 12,00

 

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist