La versione di Fenoglio – Gianrico Carofiglio

Ho letto l’ultimo libro di Gianrico Carofiglio, La versione di Fenoglio (Einaudi, 2019), e sono rimasta piacevolmente colpita. Tanto per cominciare, non è eccessivamente lungo. Anzi, in un pomeriggio (poche ore) si arriva alla fine. Lo stile dell’autore è estremamente pulito, oserei dire evocativo, tanto che la scena si dipana davanti agli occhi in maniera naturale, senza bisogno alcuno di costringersi a fare particolare attenzione. Insomma, i passaggi che si rileggono, assolvono soltanto a una volontà di fissare nella memoria concetti particolarmente piacevoli, e non a un bisogno di comprensione. E questo la dice lunga, sul fatto che la prosa riesca ad essere credibile ed estremamente colloquiale.

Forse all’inizio questa “versione di Fenoglio” (Fenoglio come lo scrittore, anche se non sono parenti) avrebbe dovuto essere un saggio, sui principi della corretta investigazione, ma in questo modo il risultato sarebbe stato assai pesante da digerire. Vi immaginate una serie di nozioni, una dietro l’altra, sparate a raffica? Cosicché, Carofiglio, che è stato un magistrato e in fatto di procedure non brancola di certo nel buio (risulta così efficace proprio perché conosce la materia in prima persona), ha creato questa figura di maresciallo pugliese prossimo alla pensione, un tipo ironico per quanto molto solo, che avrebbe una grande esperienza da tramandare. E poiché nessuno può dare niente se non interagendo col prossimo, ecco che a fare da comprimario c’è il giovane Giulio, un ragazzo che non sa ancora cosa fare della sua vita, a lungo combattuto fra la volontà del padre e le proprie inclinazioni personali.

Pietro Fenoglio e Giulio si incontrano in un centro di fisioterapia, dato che ambedue hanno subito da poco un intervento di protesi all’anca, ognuno per ragioni diverse. L’esercizio fisico, che dovrebbe presto farli tornare quelli di un tempo, diventa una scusa per incontrarsi e parlare fitto fra loro, poiché entrambi riscoprono nell’altro un interlocutore degno e che sa ascoltare. Fenoglio parla al ragazzo dei tanti casi che, in veste di carabiniere, è stato chiamato a risolvere nel corso degli anni. Di espedienti che si sono rivelati vincenti e figure di colleghi che si sono distinti nelle indagini. Egli non giudica le fragilità di Giulio, non si erge a suo consigliere, bensì gli mette semplicemente a disposizione la sua esperienza. E Giulio, dal canto suo, sebbene tanto titubante e timoroso nei confronti della vita, lo ascolta con piacere, senza l’obbligo di doverlo per forza imitare. Ciascuno si ritrova ad ottenere dall’altro quel che più desidera. Attenzione, da parte di chi è in là con gli anni, che fa sempre piacere e giunge a conferma che non si è vecchi. E la possibilità di sbagliare, da parte di chi è ancora giovane, senza per questo essere considerati delle cattive persone.
Forse il continuo focalizzarsi sulle azioni, porta proprio alla sospensione da ogni giudizio e alla messa in campo di una serie infinita di opportunità.

Se l’interlocutore non vale la pena, parlare di cose che per te sono importanti o fondamentali, cose che addirittura definiscono chi sei, conduce spesso alla frustrazione. Sei sempre esposto al rischio di impoverirle, quelle cose, di svilire il loro significato, di dissiparle. Se poi chi ti sta davanti, la persona con cui stai parlando non è capace, o non ha voglia, di ascoltare sul serio, allora quel senso di sperpero diventa più acuto, a volte quasi vergognoso.

In questo passaggio c’è tanta verità, ma fino ad ora nessuno era riuscito a spiegarsi così bene.

La versione di Fenoglio
Gianrico Carofiglio
Einaudi, febbraio 2019
Pagine: 170
Prezzo: € 16,50

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa