Intervista a Luisio Luciano Badolisani

Lo scrittore Luisio Luciano Badolisani racconta del suo libro Il mare oscuro della verità e della nascita di questo romanzo, soffermandosi sul valore della verità.

Come è nata l’idea di scrivere questo libro?
Una risposta sincera a questa domanda svelerebbe il segreto delle mie creazioni. In verità, io non parto mai da un’idea predefinita. C’è un incipit vago nella mia mente, una prima pagina da cui molto probabilmente si dipanerà tutta la storia.
Dico sempre di essere il primo lettore di me stesso, proprio per questo motivo, non so mai esattamente cosa accadrà quando sto scrivendo il libro che ho iniziato. A ispirarmi non deve necessariamente essere una scena, a volte basta anche solo una parola. In questo caso, lo stimolo a scrivere è arrivato dalla Calabria.  La regione dove sono nato 57 anni fa e da cui manco da ben 48 anni.
Dall’età di 9 anni sono cresciuto e mi sono formato a Torino, divenuta la mia città di adozione. Luogo dei miei ricordi giovanili, la Torino degli anni Settanta è centrale nella mia narrazione, infatti la totalità delle mie storie sono ambientate nel capoluogo subalpino. Nei libri esistono luoghi geografici, ma anche della memoria, delle emozioni, delle sensazioni, delle paure, delle incertezze, delle contraddizioni e così via. 
Non amo scrivere storie autobiografiche, ma alla domanda che spesso mi pongono, quanto di te c’è nei tuoi libri, rispondo con una evidente contraddizione: nulla dico.

In realtà dentro i miei romanzi ci sono pezzi di me e di quello che ho vissuto. Mi piace definire chi scrive un registratore vivente. Si immagazzinano nel cuore e nella mente dettagli, parole, sguardi, figure e paesaggi, si archiviano chissà per quanti anni e poi… nella magia della creazione inconsapevolmente e inconsciamente vai a ripescarli e te li ritrovi tra le righe di ciò che stai scrivendo. Ne “Il mare oscuro della verità”, c’è qualche vago ricordo della Calabria di fine anni Sessanta, c’è la Torino degli anni di piombo dei famigerati anni Settanta. Ho solo dovuto raccogliere i dati, ordinarli, renderli interessanti e appetibili per il lettore e costruire l’impalcatura del racconto.

Il romanzo si presta a diverse chiavi di lettura: c’è la storia in qualche modo degli eventi degli ultimi decenni del Novecento; c’è il problema mai risolto in Italia della cultura della legalità, concetto che va oltre i reati commessi o tollerati dagli individui. Pur essendo onesti quanto è difficile stare in equilibrio in quella indefinita e a volte invisibile linea della purezza. E’ nelle contraddizioni del vivere civile che si confronta ogni giorno la misura del principio di ragionevolezza e correttezza verso le istituzioni e il prossimo. C’è, infine, l’amore inteso come luogo emozionale necessario per la sopravvivenza e quanto la ricerca spasmodica del sentirsi amati o amare in fondo ci renda tutti un po’ più soli. In questo senso hanno un ruolo preponderante le tre donne, diverse l’una dall’altra, che avranno, ognuna a suo modo, un ruolo fondamentale nella vita del protagonista, che però rimarrà solo. 

Cosa rappresenta per lei la verità?
Prima ancora che incominci la storia, il lettore legge questo: «L’Armonia Nascosta è migliore di quella apparente. L’opposizione porta accordo. Dalla discordia nasce l’armonia più bella. È nel mutamento che le cose trovano quiete.» da Eraclito di Efeso (535 – 475 a.C.). 

Sono sempre stato affascinato dalla legge del divenire e dal pensiero eracliteo. La realtà che viviamo a causa della lotta dei contrari è in perenne trasformazione. Mi è sempre piaciuta l’interpretazione filosofica del divenire perenne perché ogni contrario tende a trasformarsi nel suo opposto: “questi infatti mutando son quelli e quelli di nuovo mutando son questi”. “Nello stesso fiume non è possibile scendere due volte” e “Acque sempre diverse scorrono per coloro che s’immergono negli stessi fiumi”. Il fiume nel quale ci si tuffa in due momenti diversi è lo stesso fiume, ma l’acqua non è più la stessa. È, e non è lo stesso allo stesso tempo, secondo l’incessante legge del divenire causata dalla lotta dei contrari. “Panta rei”, tutto scorre. Per me quindi la ricerca della verità è un divenire continuo. In questo senso il protagonista Adriano farà il suo viaggio alla ricerca di una verità che si muterà costantemente fino al termine del racconto.

Cosa rappresenta per lei la scrittura?
Principalmente libertà unita all’immaginazione. Un bisogno primordiale di sentire linfa vitale che scorre nelle vene e che si trasforma in parole.
Costruire delle emozioni che fanno vivere i personaggi, fonderli con la ragione e con degli eventi per creare un racconto. 
In realtà secondo me è impossibile definire la scrittura creativa, perché di questo stiamo parlando, come lo è per la musica e per le arti in generale.
Non si può classificare un concetto ed elaborarlo razionalmente, ciò che accade almeno in me è un processo catartico. 
Io scrivo in prima battuta su dei quadernetti a mano. Come ho già detto non ho una chiara idea iniziale di ciò che sarà la storia, essa si sviluppa attraverso le parole, non le cerco, semmai sono loro che trovano me.

Potrebbe definirsi un incontro. La scrittura in effetti incontra sempre qualcuno. Il primo a essere incontrato è proprio l’autore e poi di seguito i suoi lettori. 
Non ci potrebbe essere lettura senza scrittura. Quindi, è la congiunzione ancestrale delle menti che attraverso le parole si ritrovano e si incontrano. In questo luogo ideale avverranno le avventure e disavventure della stessa umanità. Noi nasciamo dalla parola del creatore, infatti l’Apostolo Giovanni ci dice che “in principio”, ossia prima della creazione del mondo, prima di ogni cosa, da sempre, esisteva “la Parola” o “il Verbo”.

In questo periodo di quarantena oltre il suo libro che consiglia?
Se questo è un uomo di Primo Levi, oltre a farci capire come sia dorata la nostra quarantena, rispetto agli eventi drammatici descritti nel libro, è un inno alla memoria, partenza per una nuova stagione dell’umanità, in cui il futuro torni ad avere senso, torni a essere qualcosa che dipende dall’opera e dalla responsabilità del genere umano. Una lezione per oggi e per sempre.
I libri di Haruki Murakami dove i personaggi dello scrittore giapponese hanno tutta la libertà del mondo, ma preferiscono restare in solitudine. Credo che sia il momento perfetto per rileggere le sue storie.
Naturalmente un’infinità di altri titoli, ognuno troverà il suo libro, in questo o nei secoli precedenti o ancora in quelli di prima. Sono cambiati gli stili, le forme, le ambientazioni, gli eventi storici, le geografie politiche e fisiche, ma i libri sono rimasti.
La scuola ha avuto il pregio o il difetto di farci amare o odiare alcuni autori e le loro opere, questo perché nessuno dovrebbe avere la presunzione di sostituirsi a chi legge nel valutare i testi. Solo la lettura, personale e incondizionata può far nascere l’incontro di cui ho parlato, allora un libro non sarà solo un volume in più dentro lo scaffale della libreria.

Tre aggettivi per descriversi? 
Questa domanda mi mette in profondo imbarazzo. Se proprio devo rispondere, azzarderei a definirmi con una certa presunzione un eclettico: i miei libri affrontano tematiche differenti con stili ed approcci diversi. Inoltre mi considero leale nella vita e verso i miei lettori.
Io che non sono un sportivo, trovo divertente considerarmi un “atleta della scrittura”. Mi avvicino alla scrittura come a una disciplina sportiva: con studio, sacrificio, allenamento e dedizione. Naturalmente con l’originalità che la materia mi consente.
Quindi se proprio volete degli aggettivi i primi che mi vengono in mente per gioco sono: eclettico, leale e atletico.

Credo fortemente nella lealtà e nella coerenza della propria vulnerabilità, ma al tempo stesso sono affascinato dalle contraddizioni, proprio perché quel processo in divenire di cui ho parlato ci rende tutti fragili, inconstanti e profondamente umani.

Progetti futuri?
Al momento ne ho due, un romanzo già terminato, corretto e definito in attesa di pubblicazione, a cui tengo molto, e che riguarda da vicino i sentimenti umani da una prospettiva tutta femminile.
L’altro una nuova storia che potrei definire esistenzialista, un “working in progress” che sta sorprendendo anche me, penso che sarà finito entro questa estate. 
Come ho già più volte ribadito, sono le storie attraverso le parole che vengono a cercarmi, tanto che a volte penso di essere un semplice strumento.

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice