Storia di un abito inglese e di una mucca ebrea – Suad Amiry

Figlio mio, temo che tu non abbia chiara l’importanza delle arance di Giaffa. Sono l’orgoglio del mondo intero! Provengono dalla tua città! E tu vuoi fare il meccanico! Le arance di Giaffa sono oro, oro puro!

È così che Ismael apostrofa il giovane figlio Subhi, protagonista di questo nuovo romanzo della scrittrice palestinese Suad Amiry. La storia si svolge a Giaffa nel periodo immediatamente precedente alla nakba, quella catastrofe che ha portato alla morte e alla diaspora di migliaia di palestinesi in seguito alla creazione dello stato di Israele e alla successiva invasione dei coloni. La sensibile penna della Amiry, che tante pagine ci ha regalato sul tema a lei caro della vita nella Palestina occupata, narra le vicende del giovane Subhi, innamorato di Shams, una ragazza di un villaggio vicino. Subhi ha grandi progetti: è un bravissimo meccanico e con il suo lavoro si guadagna la riconoscenza di un ricco mercante che gli regala un abito in pura lana di Manchester. Subhi sogna di indossare quell’abito in occasione del suo matrimonio con Shams.
Ma la Storia ha in serbo per lui, per la sua famiglia e per l’intero popolo palestinese una più dura e crudele realtà.

Dalla barca, Subhi e suo nonno vedevano le grandi navi cariche di immigrati ebrei clandestini che sbarcavano illegalmente nel porto di Tel Aviv – checché ne dicessero le autorità britanniche.

L’arrivo degli immigrati ebrei è continuo, e inesorabile appare agli occhi del giovane Subhi e agli occhi più vecchi del nonno e degli altri pescatori, che iniziano a temere che questa massiccia ondata di arrivi in qualche modo comprometterà la loro pacifica esistenza. Previsioni esatte, quelle del nonno di Subhi, il quale però non aveva immaginato che questo progressivo processo di invasione sarebbe stato accompagnato da violenze, guerra, morte.

La Amiry non si risparmia nel narrare l’orrore della violenza che gli israeliani scatenarono contro i palestinesi, costringendoli ad abbandonare le loro case, i loro villaggi, per salvarsi da una morte certa. Sono pagine dense di terrore, raccontate con il patos di chi in quella terra è nato, di chi ha vissuto – sulla pelle dei propri avi – quel senso di paura, incertezza e profondo sconforto.

Vogliono che le nostre menti e i nostri cuori siano paralizzati dalla paura. E ci sono riusciti. […] La paura prese il sopravvento. Uno strano silenzio calò sulla città come un drappo nero. C’era un’immobilità sospesa, un’oscurità appiccicosa che affaticava il passo, i gesti, i pensieri, e somigliava alla rassegnazione.

Nell’orrore dell’invasione nasce la delicata storia d’amore fra Subhi e Shams che non potrà mai coronarsi nelle tanto auspicate nozze: le vite di tutti loro verranno brutalmente interrotte, le famiglie separate, disperse. Molti di loro non si ritroveranno più e per quelli che lo faranno sarà passata una vita intera.

Quella che ci racconta Suad Amiry in questo suo nuovo lavoro, edito da Mondadori, è ispirata alla vera storia di Subhi e Shams, che l’autrice ha incontrato, ormai ultraottantenni, e intorno alla quale ha ricostruito la dolente vicenda del suo Paese, ormai in guerra da più di settant’anni. Uno spaccato in cui si mescolano le vicende pubbliche della Storia con la quotidianità del popolo palestinese, narrate con la consueta maestria di una delle più apprezzate autrici mediorientali.

Storia di un abito inglese e di una mucca ebrea
Suad Amiry
Mondadori, 2020
Pagine: 240
Prezzo: euro 18,00

Beatrice Tauro

Scrittrice