Alessandra Marc e i suoi “disonesti”

Una scrittrice che butta giù il suo esordio letterario in soli due mesi, un libro che diventa un caso nel Friuli Venezia Giulia e una trama che si svolge seduti a tavola, durante una cena, i cui personaggi svelano le misteriose identità dal momento in cui prendono parte. La cena dei disonesti è un titolo-chiave del libro in questione, oltre che accattivante. Abbiamo incontrato l’autrice, che ci ha offerto qualche informazione maggiore anche sulla sua identità.

Come nasce l’idea del suo libro? E come mai ha scelto la cena come momento di ritrovo?
Più che un’idea è stata una necessità, un’ urgenza. I libri sono da sempre i miei migliori amici, l’altrove in cui rifugiarmi e ripararmi ritirandomi dalla tirannia del mondo che mi circonda. Un tempio insondabile di personaggi e misteri. Non mi era mai passato per la mente di scrivere. Mai avrei creduto di poter Partorire una tale meraviglia. Invece, inaspettatamente nel 2008 ho avvertito un comando inconscio: “siediti e scrivi!”. Così nella pagina bianca ho trovato un nuovo luogo di libertà. Perché la cena come tempo prescelto? Il momento della cena ha inizio con la sera. La sera è un corollario di istanti magici alchemici in cui giorno e notte si incontrano; in un frattale di tempo si fondono. È l’introduzione alla notte, al buio al logos delle verità nascoste, scomode, quelle che aprono le danze all’Apocalisse intesa come rivelazione.

C’è qualcosa di autobiografico?
Autobiografico non proprio. Mi ha fatto sorridere la chiusura della vostra recensione in cui scrivete: «Chissà se dietro a quei personaggi dalla natura così stravagante si nasconde qualche insondabile segreto di famiglia». I segreti di famiglia sono luoghi tremendamente dolci da cullare con tenera malinconia. E certo, possono essere preziosa fonte di ispirazione.

L’ambientazione del romanzo è a Gorizia, però poco si dice di questa città, come un voler sottintendere che cosa?
Gorizia è la mia città. La Gorizia che racconto io è una Gorizia immaginata. Una Gorizia dell’anima. Con insistenza e volontà ripeto il nome Gorizia. Questa piccola città, l’indifesa Berlino italiana con la sua magica malinconia ha nutrito e nutre la mia irrequietezza.

A quale personaggio è più affezionata?
Non sono affezionata ad un personaggio piuttosto che ad un altro. Li amo tutti. Sono tutti necessari. Mi rispecchio in ciascuno, come il personaggio principale, Andrea, che fa entrare ogni commensale dentro di sé attraverso il cibo. Sono simbolicamente istanze (stanze) che mi appartengono che costituiscono e costruiscono l’individualità di ognuno. Sono figure positive e negative ma tutte irrimediabilmente facce dello stesso prisma che è l’animo umano.

Il suo libro preferito?
Questa domanda sveglia la memoria. Non c’è un libro preferito. Ci sono alcuni libri che hanno gettato le basi per il mio cammino. Letti durante la primissima adolescenza, dodici tredici anni e sono: Lettera a un bambino mai nato della Fallaci, una raccolta dei romanzi di Kafka Il castello, Il processo, America ed il gabbiano Jonathan Livingston di Richard Bach.

Chi è Alessandra Marc nella quotidianità?
Sono una donna, forse, finalmente. Mamma di due splendide creature Sophia e Ksenia. Vivo e soffro dei miei sogni e dei miei ideali che è difficile far conciliare nella vita quotidiana. Amo prendermi cura della mia famiglia e cerco di prendermi cura anche di me stessa, ma non sempre ci riesco. Sono una donna come tante.

Ci sono progetti futuri?
Alcuni progetti di scrittura e teatrali sono ancora racchiusi nella mia mente. Intanto sono pronti, già da due anni, due scritti surrealisti. Ora sto lavorando con un fotografo ad un progetto: racconteremo, drammatizzeremo l’esperienza dell’anima nella I Guerra Mondiale. In questo modo faremo conoscere i luoghi in cui vivo che sono stati, purtroppo, il set su cui il flagello della grande guerra ha avuto origine. Con molto rispetto visiteremo le trincee dove, per senso di dovere o per un ideale, hanno combattuto e perso la vita in tanti, troppi. Onoreremo chi ha creduto fino in fondo in qualcosa di più grande di lui: la libertà, qualunque colore avesse.

Maria Ausilia Gulino

Teacher – Journalist