Non so che viso avesse – Francesco Guccini

Basta leggere le prime pagine e ci accorgiamo di Guccini, il montanaro di pianura nato a Modena, città che troviamo nelle sue canzoni, il gran parlatore, il serio, l’avaro, lui, solo lui, quello che con le sue canzoni e i suoi libri colpisce sempre più generazioni. Parla di sé attraverso la geografia dei suo luoghi: la Pavana col mulino degli avi, i nonni, le nonne e i bisnonni, il bosco, il fiume, la montagna. Modena, odiata e amata, piccola città, bastardo posto. Bologna, l’eletta, in via Paolo Fabbri, una vecchia signora dai fianchi un po’ molli col seno sul piano padano e il culo sui colli. Atri protagonisti sono le osterie, il giornale per sbarcare il lunario, le balere, dalla via Emilia al West, e poi il grande incontro con il suo pubblico, vero e presente come lo è lui e la sua Emilia che ha quel qualcosa che incanta sempre, secondo una liturgia ritualizzata che comincia con il c’era una volta di «Lunga e diritta correva la strada» di Canzone per un’amica per finire con l’epos trionfale di  «Non so che viso avesse» della Locomotiva.
Un Francesco intimo e distaccato perché solo così si fa conoscere e volere bene perché lui è uno di noi.

 

Non so che viso avesse
Francesco Guccini
Mondadori, 2011
Pagine 226
Prezzo di copertina € 9,50

 

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice

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