India, complice il silenzio – Luca Buonaguidi

Ho avuto modo di leggere Luca Buonaguidi  in altre occasioni, e gli riconosco una poetica matura, alla continua ricerca di qualcosa di più profondo. L’annunciato punto di rottura nella precedente silloge Ho parlato alle parole (Oèdipus, 2014), a favore di una poesia più “consapevole” dove anche il silenzio sarebbe stato contemplato, è effettivamente avvenuto. E me ne compiaccio.
Nel giugno del 2015 egli ha pubblicato una nuova raccolta di poesie intitolata India- complice il silenzio, edita da Italic nella collana Rive.
Che cos’è India? Il racconto in versi di un viaggio, che l’autore pistoiese ha compiuto in solitaria e via terra, nel 2013 attraverso Sri Lanka, India, Bhutan, Nepal, Tibet e Kashmir. Cinque mesi compendiati in questo “diario”, i cui versi derivano da un’esperienza mistica, quella che Alberto Moravia chiamava “l’esperienza dell’India”.
Tale evento ha apportato una crescita, un cambiamento nella poetica di Buonaguidi: gli ha fatto accettare quel “silenzio”, tanto temuto, nel quale sono racchiuse tutte le parole. In quanto visione distaccata delle cose, esso porta ad un “risveglio” e quindi a vederle veramente per quello che sono.
La postfazione di Giulia Niccolai mette in evidenza un elemento che si riscontra per tutta la lettura dell’opera: si tratta di una poetica profondamente lirica, associata al vento, quindi a qualcosa di imprendibile ed incontrollabile; identificabile in uno stato di grazia che fa sentire in comunione con la poesia stessa. Un “vento” che disperde e, al tempo stesso, consacra.
L’autore, in questi versi che non hanno titolo, ma sono contrassegnati da luogo e data, si “trasforma” in tutto ciò che vede, in perfetta armonia con la spiritualità dell’India, Paese in cui tutto ha un’anima: dagli animali alle cose più piccole. Egli vede questi luoghi in tutta la loro bellezza, per quanto, paradossalmente, vi sia sempre un forte contrasto con quelle condizioni di estrema povertà in cui versa la popolazione.
Le liriche di Buonaguidi sono inframmezzate da fotografie, da lui stesso scattate, e da citazioni di letterati. Talvolta, da leggende del Paese stesso, che si tramandano di generazione in generazione.
In quest’opera è la poesia stessa a sopraggiungere, nei momenti più impensati. Si manifesta in maniera naturale, e “tocca” il poeta.
Buonaguidi si rende improvvisamente conto di avere scritto troppo, in passato, e ritiene che sia giunto il momento di rimanere in silenzio ad ascoltare.

Vedi, ora scrivo
ma quando mi leggo
mi sono straniero.

Vi è una ricerca di “nudità” dell’anima, che rimane sola con se stessa; di un uomo che prima di questo viaggio non interpretava il silenzio.

Mi chiedesti silenzio
non compresi
e parlai.

Il senso della poesia, scopre l’autore, è mentre la si sta vivendo. È l’anima che “respira” ed esce allo scoperto. Così come felicità è togliere dettagli, e rimanere con l’essenziale.
Questo è India, un’opera davvero ben articolata, la cui lettura consiglio a chi ama i viaggi e le terre lontane, ma, al tempo stesso, è sempre alla ricerca di imparare qualcosa di nuovo.
India è il viaggio di formazione di un uomo che ha cercato a lungo la poesia, ma poi ha capito che essa nasce da sola, dalla meditazione e dal saper ascoltare. Come qualcosa di intimo, che giunge spontaneo e abbatte ogni tipo di forma.
Luca Buonaguidi, è proprio il caso di dirlo, ha accolto quello che la strada gli ha dato. E concludo citando i miei versi preferiti, che forse compendiano questa incredibile esperienza dell’autore.

Poesia è guardarsi da vicino
entro ciò che muove distante
ma anche questo bambino che ride
nel tramonto indiano.

 

India – complice il silenzio
Luca Buonaguidi
Italic, 2015
Pagine 64
Prezzo di copertina € 8,50

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa