Versi d’eterno – Cristina Biolcati

 

Questa piccola silloge contiene ventiquattro brevi poesie, che si rincorrono in un cielo ora terso ora rannuvolato. E difatti le nubi, così come il vento, ritornano spesso quale metafora portante della raccolta, dove si alternano componimenti a tema fantastico e componimenti di attualità, sempre rigorosamente in verso libero. Potrebbe sembrare difficile trovare un filo conduttore oggettivo esplorando una materia di così snelle dimensioni, invece ci si accorge subito che l’omogeneità di fondo sta nel “sentire doloroso” con il quale le immagini vengono comunicate, come se il rimbalzo dei pensieri che vanno e che vengono, fermandosi ora qui ora lì, fosse caratterizzato in primo luogo da una fatica di venire alla luce, una fatica non relativa all’espressione, ma intesa come necessario contrappasso per la conquista della parola.

L’autrice è Cristina Biolcati, articolista e scrittrice di origini ferraresi, che oltre a essere una lettrice infaticabile ha trovato un felice momento di sintesi tra lettura e scrittura dedicandosi al difficile compito di recensire i libri degli altri, quell’operazione delicata in cui si esprime un giudizio su qualcosa, scegliendo le parole adatte per farlo, consapevoli di rappresentare momentaneamente il filtro attraverso cui un ipotetico lettore entrerà in contatto con un quella determinata opera.

Questa è la sua terza raccolta poetica, Versi d’eterno, pubblicata in formato digitale su Amazon il 30 ottobre 2016, e rivela nella sua autrice una certa predilezione per gli scritti brevi. Le sue poesie infatti più che dilungarsi scorciano, più che descrivere accennano, come nel caso delle due dedicate rispettivamente a una “Giulia” e a una “Teresa”, delle quali conosciamo solo il qui e ora, e niente più. La silloge si apre con una lirica drammatica che parla di un «urlo straziato / dell’istinto di madre, / violato, negato», per poi passare a una critica in sordina della contemporaneità vacua e stinta, alla tematica dell’incomprensione dell’essenza femminile, a un amore vissuto come rinuncia, all’idea di tempo inteso come tempo perduto, a immagini crude di una guerra che non ha bisogno di specifiche per essere colta nella propria eterna tragedia, all’evocazione di una “sposa di polvere” e di un annegato (quest’ultimo passibile di attivare in noi la connessione immediata con realtà critiche come quella dei migranti).

Più estrosa la seconda metà, dove una carrellata di “personaggi” esprimono altrettante visioni: il “figlio del vento”, speculare rispetto alla “figlia del vento”, il “nocchiere”, il “giovane dimezzato”. I due componimenti speculari, uno maschile e uno femminile, sono diversi e complementari nel tono e nel significato.

«Il figlio del vento»
Avrebbe i tuoi occhi
e saprebbe di sole.
In ogni momento
riderebbe del mondo,
e spenderebbe aquiloni
a inseguire il suo tempo.

«Figlia del vento»
Sappia quel vento,
che ti pettinava i capelli,
esserti spalla.
Passando fra i Navigli,
orfani di follia,
cosparga refoli del tuo genio.
E sempre ti ricordi
che sei nata di primavera.

Anche in queste due poesie, forse tra le più lievi della raccolta, torna il tema del memento, qualcuno che ricorda a qualcun altro qualcosa, non sempre di positivo. Il colore di fondo è quindi un colore livido, burrascoso, che nasce da un sostrato di riflessioni cupe spesso connesse alla realtà odierna, quasi che facendo il punto in un determinato segmento della vita sia poi difficile consegnare al prossimo un messaggio di speranza. Eppure lo spiraglio c’è, e va mostrato come una cosa rara, e per questo più importante:

«Come tenero virgulto»
Tu sei germoglio frangibile,
che nella luce annaspa.
Ramifichi, cercando appigli
che ti renderanno forte.

 

 

Versi d’eterno
Cristina Biolcati
Amazon, 30 ottobre 2016
Pagine 24
Prezzo ebook € 0,99

 

Teodora Dominici

Articolista, collaboratrice editoriale free-lance e scrittrice in pectore