Le nostre anime di notte – Kent Haruf

A NN Editore si deve, nel febbraio 2017, la pubblicazione in Italia del romanzo postumo di Kent Haruf (1943- 2014), uno degli scrittori americani contemporanei più apprezzati.
Le nostre anime di notte narra la storia d’amicizia fra due persone anziane, Addie Moore e Louis Waters, entrambi vedovi e coi figli lontani. Un amore che nasce a poco a poco, puro e platonico fra due anime che combattono la reciproca solitudine ritrovandosi a chiacchierare del proprio vissuto, nel letto di lei, dove iniziano a trascorrere insieme la notte.

«E poi ci fu il giorno in cui Addie Moore fece una telefonata a Louis Waters. Era una sera di maggio, appena prima che facesse buio. Vivevano a un isolato di distanza in Cedar Street, nella parte più vecchia della città. Olmi e bagolari e un solo acero cresciuti sul ciglio della strada e prati verdi che si stendevano dal marciapiede fino alle case a due piani. Era stata una giornata tiepida, ma di sera aveva rinfrescato. Dopo aver camminato sotto gli alberi, la donna svoltò all’altezza della casa di Louis. Quando Louis le aprì la porta, lei disse, Posso entrare a parlarti di una cosa? Sedettero in salotto. Vuoi qualcosa da bere? Un tè? No, grazie. Non so se mi fermerò abbastanza per berlo. Si guardò intorno. È graziosa la tua casa. Diane l’ha sempre tenuta bene. Un po’ ci provo anch’io. È ancora graziosa, disse lei. Erano anni che non ci venivo. Guardò fuori dalla finestra verso il cortile laterale, la notte si stava accomodando fuori e dentro la cucina, una luce illuminava il lavandino e il bancone. Tutto sembrava pulito e ordinato. Lui la stava guardando. Era una donna attraente, l’aveva sempre pensato. Quando era più giovane aveva i capelli scuri, ma ormai erano bianchi e li portava corti. Era ancora in forma, solo un po’ appesantita in vita e sui fianchi. Probabilmente ti stai chiedendo cosa ci faccio qui, disse lei. Be’, non penso tu sia venuta per dirmi che casa mia è graziosa. No. Volevo suggerirti una cosa. Eh? Sì. Una specie di proposta. Okay. Non di matrimonio, disse lei. Non pensavo neppure questo. Però c’entra con una specie di matrimonio. Ma ora non so se ci riesco. Ci sto ripensando. Fece una risatina. In un certo senso è un po’ come un matrimonio, non ti pare? Che cosa? L’indecisione. Può darsi. Sì. Insomma, adesso te lo dico. Dimmi, disse Louis. Mi chiedevo se ti andrebbe qualche volta di venire a dormire da me. Cosa? In che senso? Nel senso che siamo tutti e due soli. Ce ne stiamo per conto nostro da troppo tempo. Da anni. Io mi sento sola. Penso che anche tu lo sia. Mi chiedevo se ti andrebbe di venire a dormire da me, la notte. E parlare.»

Le nostre anime di notte non tratta di niente di eclatante; quel che incanta è la prosa pacata dell’autore, abile nell’infondere un senso di pace e di benessere per tutta la lettura. E questo, nonostante gli abitanti dell’immaginaria cittadina di Holt, in Colorado, dove Haruf ha ambientato tutti i suoi romanzi, osteggino quella strana relazione sorta in tarda età. Sebbene anche il figlio stesso della donna, con un matrimonio in crisi e vicino al fallimento della sua attività lavorativa, ad un certo punto minacci di non farle più vedere il nipotino – da notare che il bambino, affidato per un breve periodo a Addie, si era invece affezionato moltissimo a Louis.
La sensazione che si avverte nel romanzo è una sorta di “ritorno a casa”, dove la storia è minima, fatta di pigiama e spazzolino da denti conservati in un sacchetto di carta da portare sempre con sé, e di corpi che riescono a superare l’imbarazzo e la distanza che li separa. Le frasi sono semplici; i dialoghi sono diretti, senza caporali né virgolette, quasi fossero un’ineluttabile estensione degli eventi stessi.
Kent Haruf è stato paragonato a Hemingway, anche se molto probabilmente amava ispirarsi a Faulkner. Personalmente, forse perché lo amo tanto, credo risenta di Raymond Carver, per quella “pulizia” dei dialoghi e il rifiuto di qualunque esternazione sentimentale che sia “forzata”, o comunque poco naturale.

Mentre scriveva questo suo ultimo romanzo, l’autore era malato. E infatti, nel novembre 2014 è venuto a mancare a causa di una malattia ai polmoni. Ha avuto poco tempo, quindi. E poche sono state le forze. Molto probabilmente non è nemmeno riuscito a rileggere la stesura finale, di una trama in cui, per paradosso, le ore sono scandite di continuo, così come il passaggio dal giorno alla notte.
Davvero Kent Haruf avrà scritto un simile capolavoro di getto? Se così fosse, andrebbe annoverato fra i più grandi narratori americani degli ultimi tempi.
Il traduttore Fabio Cremonesi, prezioso per aver mantenuto inalterata la delicatezza della storia, ha senza dubbio contribuito al successo che questo romanzo sta avendo nel nostro Paese.

Le nostre anime di notte
Kent Haruf
NN Editore, febbraio 2017
Pagine  200
Brossura  € 17,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa

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