La pietà dell’acqua – Antonio Fusco

Dopo Ogni giorno ha il suo male (Giunti 2014), romanzo d’esordio accolto da grande successo di pubblico e di critica, Antonio Fusco, criminologo forense e Capo della Squadra Mobile di Pistoia, torna in libreria con una nuova indagine del commissario Tommaso Casabona, personaggio al tempo stesso cinico e nostalgico del quale i lettori hanno imparato ad apprezzare la grande umanità e la problematica situazione familiare, oggetto di momenti di profonda introspezione nei quali interrogarsi sulla natura delle relazioni, sul tempo che passa, sul significato del proprio ruolo professionale. Dubbi e quotidianità, quindi, ma non certo solo questo nel fortunato sequel La pietà dell’acqua: un romanzo che, valendosi delle atmosfere noir già sperimentate nel primo libro, vuole in realtà far riflettere sul controverso rapporto tra verità e potere.

Lo sfondo scelto per lo snodarsi dell’intreccio narrativo è la campagna toscana nei pressi di Valdenza, pacifica cittadina della quale Casabona è commissario: proprio qui, la mattina di Ferragosto, viene ritrovato sotto quello che in paese tutti chiamano “il castagno dell’impiccato” il cadavere di un anziano e facoltoso imprenditore locale, ucciso con una revolverata alla nuca. Casabona, già in procinto di godersi una vacanza marittima a Follonica – che potrebbe tra l’altro giovare al rapporto spigoloso con la moglie Francesca – è costretto a recarsi immediatamente sul luogo. Neanche lui può immaginare in quale losco affare internazionale si ritroverà coinvolto di lì a poco, quando, appena iniziate le indagini, si vedrà sottrarre il caso dalla Direzione Investigativa Antimafia guidata dall’arrivista e senza scrupoli commissario Morelli.
Grossi intrighi di palazzo nascondono una drammatica vicenda consumatasi decenni prima, all’epoca della ritirata tedesca dall’Italia: nel vicino paesino di Torre Ghibellina, ormai sommerso dalle acque del lago artificiale costruito nel dopoguerra, sembra essersi consumata una tremenda strage nazista, insabbiata per oscuri motivi, ma che torna ostinatamente a far parlare di sé con l’urgenza e la caparbietà di una verità taciuta da troppi. È estate, tutto sembra rallentato, arduo trovare il bandolo della matassa: come se non bastasse lo svuotamento della diga per manutenzione, che riporta temporaneamente alla luce il borgo fantasma di Torre Ghibellina, attira centinaia di turisti curiosi, tra cui la seducente giornalista francese Monique Bernard, in realtà capitano della polizia di Parigi sulle tracce di un dossier scottante, relativo a un cold case che coinvolge, per una stranissima congiuntura di coincidenze, alcuni pezzi grossi del governo italiano, le vittime della strage ad opera delle SS, e due corrispondenti di guerra angloamericani impegnati in una battaglia all’ultimo sangue contro la menzogna e gli abusi di potere. La girandola di omicidi avrà la meglio sull’acume del commissario Casabona?

C’è una cosa importante che insegnano nelle scuole di polizia. Una cosa da tenere bene a mente per tutta la carriera. Un buon poliziotto deve avere sempre il controllo della situazione. Deve conoscere lo scenario dentro il quale si muove, le possibili minacce, le variabili e le forze in campo. Più chiara è la visione di tutti questi elementi e maggiore è la possibilità di ottenere un buon risultato. Altrimenti non si è nella condizione di poter salvaguardare neanche la propria vita. Il controllo è tutto. Ma quella sera lui non aveva più il controllo di nulla. Si sentiva come una persona diventata cieca e sorda all’improvviso mentre passeggiava nel centro di una grande metropoli.

Una trama costruita tassello per tassello senza mai cedere alla tentazione del colpo di scena teatrale, anzi logicamente concatenata sulla base di piccoli movimenti risolutivi: le tecniche di indagine, gli iniziali buchi nell’acqua della squadra di Casabona, sino agli ambienti in cui la vicenda prende corpo – uffici, questure, commissariati, ma anche gli uliveti e le vigne toscane, i boulevards di Parigi – restano coerentemente attaccati al reale, così da permettere all’autore di valersi della massima libertà di inventiva nella costruzione della trama e allo stesso tempo di un’estrema verosimiglianza delle dinamiche dell’azione. Struttura narrativa rigorosa, stile piano, una certa esperienza nel creare suspense, frequenti riflessioni a sfondo universale appartenenti a un’onnisciente voce fuori campo: un inusuale cocktail di elementi per un libro giallo. E pure, nonostante l’intermittente evanescenza di alcuni personaggi, dai contorni sempre un po’ più sfumati di quel che vorremmo, l’atmosfera noir – è stato dello alla Jéan Claude Izzo – è perfettamente caratterizzata, sin dal brevissimo capitolo iniziale che aggancia e predispone l’attenzione ponendo in scena un primo, cinematografico confronto con la morte.

Antonio Fusco, che ha ottenuto grazie al romanzo d’esordio il Premio Scrittore Toscano e il Premio Garfagnana in Giallo 2014, sembra essere uno scrittore di felice vena creativa, capace di creare storie di grande leggibilità. Forse più attratto dalla serrata architettura delle trame e dalla forza dei messaggi consegnati alla pagina che dalla caratterizzazione profonda del microcosmo di personaggi che pone in scena. Ma infine potrebbe essere un’ulteriore maniera di intendere i protagonisti, questa di lasciare al lettore facoltà di riempirli con la propria esperienza: e Casabona, nuovo commissario seriale del quale certo leggeremo altre storie, resta pur sempre una persona sulla quale poter contare, una persona ben consapevole di quanto conti “come hai vissuto la tua vita: se hai preferito il confortante abbraccio della menzogna oppure hai cercato la verità. Oltre le apparenze e le convenienze”, poiché “La menzogna è rassicurante e con il tempo si fa dimenticare. La verità, invece, è rivoluzionaria”.

 

La pietà dell’acqua
Antonio Fusco
Giunti, 2015
Pagine 224
Prezzo di copertina € 12,90

Teodora Dominici

Articolista, collaboratrice editoriale free-lance e scrittrice in pectore