Intervista a Paolo Morando

Nel 50° anniversario della Strage di Piazza Fontana l’ANPI di Tivoli martedì 29 ottobre alle ore 19 e 30 presso la libreria Mondadori, l’autore Paolo Morando presenta il libro Prima di Piazza Fontana – La prova generale. Lo stesso giornalista ha parlato  del suo libro in questa intervista.

Raccontare la strage di Piazza Fontana a distanza di cinquant’anni non è facile: perché ha scelto di parlarne e come è nata l’idea di scrivere questo libro?
Il mio libro in realtà parla di episodi precedenti la strage, gli attentati milanesi del 25 aprile alla Fiera campionaria e alla Stazione centrale: fatti poco noti, in mezzo secolo mai raccontati a fondo, che però permettono di comprendere meglio la macchinazione antianarchica che si concretizzerà dopo il 12 dicembre con l’arresto di Valpreda e la morte di Pinelli. Quegli attentati furono la prova generale della strage, proprio questo è il sottotitolo del libro: per i neofascisti (prove di attentati successivi più tragici) e soprattutto per la polizia, che proprio il 25 aprile iniziò a criminalizzare concretamente il movimento anarchico.

Qualcosa sui protagonisti di quel periodo?
Per quegli attentati nel giro di pochi giorni vennero fermati, interrogati, arrestati, incarcerati e due anni dopo processati sei giovani: quattro anarchici (Paolo Braschi, Paolo Faccioli, Angelo Della Savia e Tito Pulsinelli) e due che neppure lo erano (Giuseppe Norscia e Clara Mazzanti). A processo finiranno anche Giangiacomo Feltrinelli e la moglie Sibilla Melega, con l’accusa di falsa testimonianza, ma dalle carte processuali si capisce chiaramente che la polizia intendeva accusare l’editore di essere il mandante, organizzatore e finanziatore degli attentati. Le indagini furono condotte dal commissario Luigi Calabresi e il teorema accusatorio verrà demolito a processo dallo stesso pubblico ministero, Antonino Scopelliti, che tanti anni dopo verrà ucciso dalla mafia. Ma è una vicenda in cui anche i nomi di Giuseppe Pinelli e Pietro Valpreda continuano a proporsi.

Una frase del libro che colpisce maggiormente?
La dedica con cui lo apro: “A chi coltiva la memoria”. Se questo libro ha uno scopo è quello di raccontare finalmente la verità su una vicenda mai raccontata, rettificando le versioni – comunque sempre brevi e approssimative – che si trovano in internet o in altri libri.

Scrittore e giornalista a quale è legato di più di questa professione?
Sono e resto un giornalista. Il mio, come i due precedenti “Dancing Days” e “’80. L’inizio della barbarie”, è un libro giornalistico, racconto fatti: non ho alcuna velleità di narratore, oltre a non averne la minima competenza. I fatti sono sempre più interessanti di qualsiasi racconto di fantasia, specie se riportati alla luce, studiati e tra loro concatenati per meglio capirli. E non servono interpretazioni: i fatti parlano sempre da soli.

Martedì presenterà il suo libro a Tivoli, sarà una bella occasione.
Da qui a dicembre ho già fissato decine di presentazioni e altrettante sono già avvenute: io vivo e lavoro a Trento, quindi un po’ distante da Tivoli. Ma è stata un’occasione un po’ fortunosa, visto che proprio in quei giorni mi trovo a Roma: io e l’Anpi l’ abbiamo colta al balzo. E ringrazio l’Anpi dell’opportunità.

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice