Il silenzio – Don DeLillo

E se la tecnologia, dalla quale siamo tanto dipendenti, all’improvviso collassasse e la realtà diventasse un unico grande schermo nero in cui perdersi a guardare nel vuoto, quasi fossimo isole che non si incontrano più e blaterano parole senza senso, che ognuno andrà presto dimenticando?

È il panorama che si prospetta nell’ultimo racconto di colui che viene definito l’ultimo dei più grandi scrittori americani viventi, Don DeLillo. Certo, ne Il silenzio (Einaudi, febbraio 2021) c’è una situazione da narrazione distopica, anche se priva di spiegazioni plausibili, percepita come quel che in fondo stavamo da tempo attendendo; un nuovo conflitto mondiale oppure giusto un modo per affrontare col dialogo il silenzio.

Concepita per struttura e cambi di scena come una pièce teatrale, divisa in due parti, la storia parla di cinque persone che si trovano a vivere in tempi e modi diversi l’improvviso blackout della tecnologia, ciascuno di essi talmente scioccato da non avere nemmeno il coraggio di guardare fuori dalla finestra. Quasi se ci si accontentasse di quel nonsense che avviene nell’intimo, imprevedibile, ma utile a focalizzare diversi punti; a trarre conclusioni personali che non hanno nulla a che vedere col contesto. Come se essere connessi in rete, perennemente distanti dal qui e ora, fosse il solo modo per condividere e sentirsi parte di qualcosa.

Siamo nel 2022 e una coppia sta tornando in aereo a New York, dopo una prima vacanza a Parigi di post pandemia. A un tratto, mentre lui guarda la strumentazione di bordo in maniera ossessiva, perché è tipico della nostra generazione non spegnere mai il cervello per paura di perdere qualcosa di scritto, e lei compone pensieri su un quadernetto, un blackout avvolge tutto e l’aereo è costretto a un rocambolesco atterraggio d’emergenza.

A Manhattan, nel frattempo, tre persone attendono in un appartamento l’arrivo della suddetta coppia, per vedere insieme il Super Bowl, così come gli americani chiamano la finale del campionato di football. Si tratta di un’attempata insegnate di fisica, suo marito fortemente appassionato di quello sport e un ex allievo della donna, un ragazzo intellettualmente dotato, però fissato con Albert Einstein e la sua teoria della relatività, tanto da confondersi e talvolta imitarne la voce.

Dopo numerose peripezie, fra cui anche una sosta in ospedale per farsi medicare una ferita causata dal movimentato atterraggio, le cinque persone riusciranno a ritrovarsi e a rinchiudersi assieme nell’appartamento, per condividere il loro sbigottimento circa quanto accaduto. Come dei sopravvissuti che parlano per impegnare il silenzio; dei naufraghi che non sanno se credere ancora al domani.

Don DeLillo si esprime attraverso frasi brevi, talvolta lapidarie. Il senso di precarietà e angoscia che riesce a evocare è straordinario, tanto che, seppure il racconto sia breve e il libro sembri un tascabile, si rivela invece di grande impatto emotivo. In sintesi: lascia il segno.

È curioso come un autore che ha abbondantemente passato l’ottantina, per sua stessa dichiarazione lontano da ogni dinamica tecnologica, sia riuscito a essere così incisivo. Mestiere? Esperienza? Una prosa meravigliosamente credibile? Probabilmente un insieme di tutte queste cose. 

E nel consigliarvi di leggerlo, Il silenzio, vorrei riportare una frase che suona profetica, sebbene l’autore abbia scritto questo breve romanzo quando la pandemia da Covid 19 era solo agli inizi. Se possibile, se ne capiva ancor meno di adesso. 

Potrebbe essere il governo degli algoritmi. I cinesi. I cinesi lo guardano, il Super Bowl. Loro giocano a football americano. I Beijing Barbarians. Tutte cose verissime. E quelli che ci rimettono alla fine siamo noi. Hanno innescato un’apocalisse selettiva della rete. La partita: loro adesso la stanno guardando e noi no.

Il silenzio
Don DeLillo
Einaudi, febbraio 2021
Pagine 102
Prezzo € 14,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa