Intervista a Ivan Sciapeconi

In quest’intervista lo scrittore Ivan Sciapeconi ci parla del suo libro 40 cappotti e un bottone, una testimonianza di un pezzo di storia. Un libro per non dimenticare mai le atrocità di quel periodo storico.

Un libro molto emozionante che racconta un pezzo di storia rilevante e ti lascia qualcosa dentro l’anima, come è nata l’idea di scriverlo?
Molti anni fa ho letto un articolo su un giornale locale sulla storia di Villa Emma. Più che un articolo era un trafiletto, a dire la verità. Poi, nel 2020, il Comune di Modena ha indetto un bando per entrare a far parte del Consiglio di Amministrazione della Fondazione Villa Emma. Di amministrazione io non so praticamente nulla, ma mi sono candidato lo stesso. Volevo entrare dentro la storia attraverso chi, oggi, si dà da fare per conservarne la memoria. Penso di aver fatto bene, perché il direttore della Fondazione è stato fondamentale per quanto riguarda il lavoro di documentazione e ricerca.

Il 27 gennaio è da poco passato, cosa si dovrebbe realmente fare per non dimenticare mai? Agli studenti e studentesse come si dovrebbe parlare della giornata della memoria? E soprattutto come si dovrebbe capire che bisogna rispettare tutti visto che purtroppo l’integrazione non è facile?
Sento spesso dire che la memoria è un antidoto contro gli errori del passato. A giudicare dal ritorno di movimenti neonazisti e neofascisti direi che questa affermazione mostra alcuni punti di debolezza. La memoria, quella individuale come quella collettiva, è materia fragile e spesso connessa a oblio e narrazione. È per questo che ho voluto scrivere un romanzo e non un saggio. Per molti anni, l’orrore della Shoah è stato tenuto a bada dal racconto dei sopravvissuti, ma presto i sopravvissuti non saranno più tra noi. Dobbiamo immaginare una nuova narrazione, fondata storicamente, credibile, ma allo stesso tempo ricca, emozionante. Non c’è memoria senza empatia.  

Una frase che raccolga il libro?
Non so se raccoglie il libro, ma sono molto affezionato a una frase che parla di scuola ed è una frase pronunciata da Josko, uno degli accompagnatori dei ragazzi di Villa Emma.

«Fare l’insegnante è il più eroico dei mestieri oppure il più vile». Fare l’insegnante è ingranaggio o granello di sabbia. Non ci sono vie, in mezzo.

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice