Spatriati – Mario Desiati

Col romanzo Spatriati (Einaudi, 2021), il pugliese Mario Desiati ha vinto la LXXVI edizione del Premio Strega. Un’opera in cui si rappresentano i giovani che cercano fortuna fuori dal loro ambito familiare, i cosiddetti “cervelli in fuga”, spesso considerati dei disertori. E a tal proposito rimane impresso un concetto che l’autore inserisce tra le righe: “l’Italia va a rotoli, sì. Però tu cos’hai fatto per impedirlo? Sei andato via.”

Desiati fa incontrare Claudia e Francesco, amici fin dai tempi delle medie, e come in un romanzo di formazione li fa crescere insieme. Due personaggi alla ricerca della loro identità, anche sessuale, attraverso la sperimentazione dei corpi. E li fa fallire. Perché si può anche andare altrove, per trovare il proprio posto nel mondo, ma non è detto che ci si riesca.
Claudia veste da uomo e si colora i capelli di blu; Francesco si mette la tonaca ed è in apparenza posato. Non potrebbero essere più diversi, ma il loro rapporto si fa simbiotico quando scoprono che il papà di Claudia è l’amante della mamma di Francesco. 

Spatriato è un termine che raccoglie in sé diversi significati, tipico dalla lingua di Martina Franca, in Puglia, dove la storia è ambientata. Anche se l’irrequieta Claudia andrà prima a Londra, poi a Milano e infine a Berlino, e ci descriverà una piccola porzione di tutti quei “cieli”. 
Nello specifico, spatriato sta per irregolare, vagabondo, ramingo, balordo, sparito, ucciso, sciatto, interrotto. Persone che come i protagonisti non incarnano i modelli sociali vincenti della nostra società, ma non per questo li possiamo etichettare come appartenenti a una generazione persa. In sostanza: gente che si sottrae a una convenzione.

Andarsene da Martina Franca non è facile, quasi la cittadina avesse delle unghie affilate e maledette, con cui bloccare chi ci è nato. Una sorta di demone con cui convivere, che fa sì che non si possa espatriare senza graffi.

A un certo punto le radici vanno tagliate, Claudia lo capisce. Perché trattengono e non permettono di essere liberi. Lei ci riesce, mentre invece Francesco non ne è in grado. Lui la raggiunge sempre e ovunque, in qualità di ospite. Tenendo per sé l’origine, ovvero il ricordo da dove è venuto.
L’impronta religiosa diviene fondamentale, perché è una sorta di “marchio” che ci investe da bambini. E proprio attraverso i precetti, le tonache e le sacre scritture, Francesco sarà in grado di mettere a punto dei riti fondamentali per liberarsi.

Francesco si crogiola in un godimento senza contatto, com’è in fondo il suo amore per Claudia. Un amore platonico, neanche avesse fatto un voto di castità. Ma solo perché è giovane e irrisolto.
I club berlinesi Berghain o KitKat, più che portarlo a trasgredire, diventano luoghi in cui si mettono in scena dei rituali. Al fine di canalizzare le pulsioni e renderle più accettabili. Una sorta di zona di passaggio, da uno stato a un altro. Ma questo avviene solo quando lui raggiungerà Claudia a Berlino, dove appunto sembra esserci una civiltà multietnica che si è integrata meglio che altrove.

E rinunciando alla presunta protezione del patriarcato, Francesco diventerà più libero.
Claudia balla, ma lo fa anche in momenti che possono sembrare inopportuni. Questo perché a volte è necessario far uscire le energie dal corpo, in modo che il dolore non possa annichilire. 
Nonostante sia una città piena di giovani, le ferite del Novecento a Berlino si sentono. Quasi che i morti parlassero. Per questo i titoli dei capitoli aiutano il lettore a orientarsi nelle suggestioni dell’autore.

Spatriati è un romanzo che Desiati dedica agli scrittori della sua terra, “scrittrici enormi che oggi nessuno conosce”. Rina Durante, Maria Marcone, Claudia Ruggeri, Maria Corti o Maria Teresa di Lascia. 
Per loro e altri affetti, che gli sono rimasti nel cuore, quel Premio tanto ambito. 

Spatriati
Mario Desiati
Einaudi, aprile 2021
Pagine 288
Prezzo € 20,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa