Intervista a Emanuela Fontana

Sabato 23 ottobre alle 17:30 in collaborazione con libreria Mondadori di Tivoli, l’Orchestra d’archi Francesco Durante è stata presentata una delle opere più amate del repertorio violinistico, le Quattro Stagioni Di Antonio Vivaldi, con il violino solista Corrado Stocchi: quattro concerti dedicati alla natura, al mutare del tempo con le stagioni. Ogni concerto è preceduto dalla lettura di un frammento del romanzo Il respiro degli angeli. Vita fragile e libera di Antonio Vivaldi di Emanuela Fontana, con la quale abbiamo avuto il piacere di parlare.


Come è nata l’idea di scrivere questo libro?
Come spesso capita, l’idea è nata molti anni prima di quando ho iniziato a scrivere questo romanzo. Le prime scene le ho scritte nel settembre del 2016, durante una pleurite che mi ha costretta a letto per molte settimane. Ma da un tempo lontano Vivaldi faceva parte delle mie giornate, ascoltavo molto spesso la sua musica e mi ero già interrogata sul mistero della sua vita. Tornò a trovarmi, questa volta in modo folgorante, proprio nel settembre di cinque anni fa. Avevo un leggero affanno, dovevo leggere con molti cuscini dietro la schiena e tornando a sbirciare qualche riga della sua vita mentre mi trovavo ospite a casa di un’amica ebbi una crisi di respiro. Vivaldi soffriva dalla nascita di un male ai polmoni o al cuore. La mancanza d’aria è stata probabilmente una costante della sua esistenza. Proprio per questo, quella mattina ebbi una crisi, forse di panico, mi portarono al pronto soccorso e da quella notte iniziai a scrivere questa storia a patire dalla mancanza d’aria, e dalla ricerca d’aria, quindi di libertà e di vita, nella musica. 


Perché un libro su Vivaldi?
Al di là del legame profondo con Vivaldi innescato da un problema fisico, il mio affanno, mi sono presto resa conto che la sua vita era contraddittoria e tutt’altro che svelata. Dopo la morte fu dimenticato per circa due secoli, e nonostante il grande lavoro di studiosi che hanno dedicato decenni a cercare documenti e tracce, molte parti di questa vita rimangono oscure. Non ci sono arrivate lettere personali, ma solo, pochissime, di lavoro (per quanto rivelatorie di alcuni tratti del carattere) sono scarne anche le testimonianze dei suoi contemporanei. Proprio dalle poche righe che ci sono arrivate, l’uomo sembra controverso, invidiato, a volte anche deriso, per il fatto che era prete che non diceva messa perché si sentiva male sull’altare ma che poteva dirigere in piedi l’orchestra, impresario capace di contrattare i compensi fino all’esasperazione, forse vanitoso, attaccato al denaro, molto orgoglioso. Eppure la sua musica dice altro e io volevo raccontarlo. È una musica che sembra fatta apposta per imprimersi nella memoria con la chiarezza dei ritornelli moderni, che si porta dietro affanno, aria, venti e una profonda dolcezza negli adagi, unita a una furiosa rincorsa nei tempi veloci. Sto parlando della musica di Vivaldi con termini semplici, ma credo che Antonio non avrebbe apprezzato che di lui si parlasse con toni che non fossero compresi. Era un uomo che veniva dalla strada, suo padre era un barbiere oltre che valente musicista, la famiglia era molto numerosa e tutt’altro che ricca. Antonio studiò per diventare prete ma dobbiamo pensare a un uomo che si è costruito molto da sé, che non aveva sostegni economici alle spalle e che forse per questo doveva imporsi con tanta foga e determinazione, in un’epoca in cui tutti i musicisti erano al soldo di un padrone. Al tempo stesso doveva forse difendere un amore, quello per la sua Anna, Anna Girò, la prima donna di molte sue opere, da chiacchiere e pettegolezzi in una città, Venezia, dove il gusto del proibito, la teatralità, la sensualità erano parte integrante della vita sociale.


Cosa rappresenta per lei la musica?
La musica mi fa volare sulle cose, sui pensieri, i sentimenti, come un arco nel cielo. Credo che metta ali al dolore, alla felicità, alla fantasia. È un sentimento simile, più esaltante, a quello che provo quando cammino su lunghi percorsi, nella natura. Anche in quel caso “sorvolo” e le preoccupazioni diventano piccolissime, tutto si rischiara. La musica di Vivaldi mi dà profonda energia, mi consola, mi solleva in braccio. Quando ero bambina mi era molto facile suonare, era come la matematica, che amavo. Ora c’è un dolore, una fatica, non so se dipenda dal rimpianto di non avere continuato o da alcuni cambi avvenuti nella mia mente. Ma mi sono ripromessa di studiare al meglio l’adattamento del secondo movimento dell’Inverno per chitarra classica entro Natale.

Sabato è stata a Villa d’Este:come mai ha deciso di partecipare con il suo testo?
Abbiamo letto brani da “Il respiro degli angeli” prima di ciascuno dei quattro concerti, brani in cui ho provato ad addentrarmi con le parole in questo capolavoro. Sono stata invitata dal Maestro Reno Renzi che ha letto il romanzo e l’ha apprezzato moltissimo. È stato per me il primo riconoscimento di un musicista e le sue parole mi hanno reso molto felice e rincuorata. Mi intimidisco molto davanti alle valutazioni degli studiosi e dei musicisti perché rispetto, e anche mi commuove, il lavoro di chi dedica la vita alla musica. Nonostante non sia una musicista professionista, il mio intento era proprio quello di avvicinare chi legge alla musica, far comprendere una grande passione, perché Vivaldi era essenzialmente musica e per questo viveva. Se riscrivessi il romanzo potrei farlo meglio, ma lo spirito, le intenzioni, l’anima sarebbero esattamente gli stessi e sono davvero contenta quando un musicista mi dice parole di conforto, apprezzamento o incoraggiamento.


La scrittura cosa rappresenta per lei?
Non posso fare a meno di scrivere, più che altro non posso fare a meno delle idee. Mi circondano, spesso mi disorientano, ne sono invasa come una pioggia di stelle cadenti: quando prendo l’autobus, quando aspetto qualcuno per la strada, sento un tono di voce. La scrittura è invece un lavoro che ha molto a che fare con l’amore. Cercare la musicalità, la parola esatta, è un’opera di dedizione, di cura, uno sforzo sottilissimo, è un darsi completamente a chi legge. La difficoltà sta nel mantenere questo filo per centinaia di pagine, cercare di astrarsi dal lavoro e vedere errori, ripetizioni, passaggi poco fluidi. Su questo ho ancora moltissimo da imparare, come del resto sull’amore. 


Progetti futuri?
Nella pioggia di idee ne ho fermata una. Era comparsa da quasi due anni. È rimasta e alle cose che rimangono bisogna dare sempre ascolto. Sto scrivendo e, nonostante sia sempre un romanzo storico con tutte le complicazioni che comporta per le verifiche, mi sembra che le scene mi scorrano davanti con semplicità. Parlo di scene perché, quando scrivo, essenzialmente vedo, come se mi sedessi al cinema. Il mio sogno sarebbe che Il respiro degli angeli diventasse un film, e poter collaborare alla sceneggiatura. Da bambina volevo scrivere film, più ancora che libri. 

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice