La felicità del lupo – Paolo Cognetti

Dopo il grande successo di Le otto montagne, romanzo vincitore del Premio Strega 2017, torna Paolo Cognetti in libreria con La felicità del lupo (Einaudi, ottobre 2021). Un’opera che esalta la natura, con le sue amate montagne, ma al tempo stesso offre uno spunto sulle seconde opportunità che si hanno nella vita.

Fausto, scrittore quarantenne senza successo, dopo una lunga relazione amorosa finita male, si trasferisce da Milano a Fontana Fredda, un paese immaginario alle pendici del Monte Rosa. Un posto dove si recava da bambino, col padre, e che ha per lui un’aura magica. Qui si metterà a fare il cuoco in un rifugio, Il pranzo di Babette, grazie all’opportunità che gli viene offerta dalla donna che lo gestisce, che non si chiama proprio Babette, però ama farlo pensare. 

Farà anche la conoscenza di Santorso, un montanaro più vecchio di lui, col quale diventerà amico. E di Silvia, la giovane cameriera ai tavoli, con la quale inizierà una relazione sentimentale.

Silvia rise. E di cosa sa gennaio? Di cosa sapeva gennaio? Fumo di stufa. Prati secchi e gelati in attesa della neve. Il corpo nudo di una ragazza dopo una lunga solitudine. Sapeva di miracolo.

Perché la montagna fa sentire soli, crea comunanza. Ci si dà conforto a vicenda, in un ristretto numero di anime. È la solitudine stessa che spinge l’uomo a creare condivisione.
Un rito di passaggio, questa storia? Oppure una sorta di sliding door, che lo scrittore stesso avrebbe potuto trovarsi a vivere, se non fosse arrivato il successo di Le otto montagne? Di un cuoco la società ha sempre bisogno, mentre invece di uno scrittore no. Questa è una frase che fa riflettere, quando Fausto si prodiga in tanti modi per sbarcare il lunario. Lui che alla città di Milano non sente più di appartenere.

Quando mai ci tornerò a Milano, pensò, così decise di fare due passi prima di ripartire.

Il fallimento dello scrittore, come tema ampiamente trattato da Raymond Carver, introduce l’amore di Cognetti per la letteratura americana; un omaggio a Kent Haruf è l’assoluta mancanza delle caporali nei dialoghi. Sono battute secche, alla McCarthy, così come disseminati ci sono tanti riferimenti letterari, in particolar modo a Karen Blixen, trasferitasi in Kenya a contatto di un’umanità primitiva, di cui si è innamorata.

In queste pagine una prosa estremamente poetica si arricchisce di particolari, di sensazioni, di profumi. E noi lettori siamo sul ghiacciaio con Silvia; siamo nei vari rifugi con Fausto; guardiamo negli occhi quel lupo, come fa Santorso, felice che il suo spazio talvolta venga invaso dallo “straniero”. Perché in un luogo rarefatto e isolato, come l’alta montagna, nessuno è mai assoluto padrone.

Bisognerebbe fare come l’albero, che cerca il proprio benessere senza mai spostarsi. Lì, sul luogo stesso dov’è nato, utilizzando quel poco che ha a disposizione. Fermarsi, smetterla di vagabondare,  e mettere radici. 
La felicità del lupo è un romanzo bellissimo, che coinvolge. Caldamente consigliato.

La felicità del lupo
Paolo Cognetti
Einaudi, ottobre 2021
Pagine 152
Pagine € 18,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa