Sharp Objects – Gillian Flynn


Gillian Flynn è la sceneggiatrice e critica televisiva che ha raggiunto la fama con Gone Girl – L’amore bugiardo (Rizzoli, 2013), il thriller che ha ispirato il film capolavoro di David Fincher con Ben Affleck e Rosamund Pike. Nel luglio 2018, sempre Rizzoli, ha pubblicato Sharp Objects, romanzo da cui è tratta la serie omonima in onda su Sky Atlantic con Amy Adams.

Lo hanno definito un thriller inquietante e sconcertante, poiché mette in gioco non solo la solita caccia all’assassino, che si fa ancora più cruenta quando a morire sono dei minori, ma rapporti familiari che risultano aberranti. Di una madre, nei confronti delle figlie; di due figlie, nei confronti della madre; di due sorelle, l’una nei confronti dell’altra. Gli uomini, invece, in questa storia rimangono solo a fare da corollario, in un universo che scandaglia l’animo femminile e non approfondisce il loro. Sono uomini che si distinguono nel campo delle indagini, come ad esempio il giovane detective Richard, o che rimangono passivi, come il patrigno della protagonista, a bere in separata sede e a guardare ciò che accade con l’atteggiamento dello spettatore. Non sono, cioè, soggetti degni di nota, ma penso che questo sia stato deliberatamente voluto dall’autrice.

Camille Preaker ce l’aveva fatta! Era riuscita a fuggire da quel paese pettegolo e “bevone” del Missouri, Wind Gap. Lì infatti si tracannano quantità infinite di whisky, ad ogni ora del giorno e della notte; la gente è fatta o ubriaca, e per questo la licenza poetica. Ora Camille abita a Chicago, è al sicuro. Ci vive ormai da otto anni, a dire il vero. Via da quella madre soffocante, così come dal ricordo di Marian, la sorella morta. Via anche da Amma (che nome?), la sorellina tredicenne che non ha avuto il tempo di conoscere ed è per lei un’estranea.

Ma il direttore del giornale per cui lavora, il solerte Frank Curry, (un quotidiano senza pretese, eh?) commette un grave errore. Gravissimo. La rimanda a Wind Gap come inviato speciale, in seguito alla morte violenta di due ragazzine, coetanee di Amma. Due omicidi barbari commessi in un lasso di tempo di appena sei mesi. Si profila l’opera di un serial killer, anche perché, su entrambi i corpi, è ben chiara una precisa sevizia, che ora non vado a svelare.

Così Camille obbedisce e torna nella casa della madre (una grande villa, perché la donna è ricca e ammirata dai vicini), mentre compie le sue indagini personali in giro per il paese, traendo le sue conclusioni e preparando gli articoli da inviare al giornale.

Ora, in base a ciò che si verrà a scoprire leggendo, ci si chiede davvero il perché sia tornata, dato che quello sarebbe stato un luogo da cui fuggire a gambe levate. Anche a costo di restare disoccupata.

Forse perché i fantasmi non si dissolvono mai del tutto, fino a quando non troviamo il coraggio di affrontarli? Forse perché non si può scappare all’infinito e prima o poi siamo costretti a confrontarci coi nostri nemici? Certamente sì, deve essere per questo. O forse è semplicemente perché quando qualcuno ci manipola, poi riesce a farci soffrire anche a distanza. Come ci fosse entrato nella pelle e noi fossimo diventati masochisti. Indebolisce il carattere e rende succubi.

Gillian Flynn mette in scena diversi personaggi, che il lettore imparerà a conoscere, ponendo dubbi fino al colpo di scena finale. Un romanzo spiazzante? Per chi “macina” tanti thriller, oserei dire di no. Ma incredibili sono le dinamiche che si vengono a creare fra persone che dovrebbero proteggersi a vicenda e invece cadono vittime, incattivite dalle loro stesse malattie mentali.

Dicono che l’impulso di infliggere dolore sia un bisogno imperioso, a cui non ci si può sottrarre.


Ma è una, la frase che si staglia a grandi lettere e va ad incidere la memoria. Indelebile, anche quando tutto il resto del romanzo sarà dimenticato.

Un bambino svezzato col veleno considera il dolore un conforto.


Sharp Objects
Gillian Flynn
Rizzoli, luglio 2018
Pagine: 346
Prezzo: € 19,00

Cristina Biolcati

articolista, scrittrice e poetessa