Intervista a Luca Di Bianca

Un libro emozionante, Calamite, che porta a viaggiare in posti meravigliosi e a scoprire vite di chi vive lì e a parlarcene è lo stesso scrittore. Luca scrive per sé stesso e per donare agli altri, i proventi dei suoi libri vanno sempre in beneficenza e con quest’ultimo il guadagno è stato dedicato all’Associazione di Guidonia “Cieli Azzurri”. 

Deserto, mare e molto altro in questo libro: cos’altro?
Il mondo è la proiezione di quello che abbiamo già dentro, ogni zona di questo pianeta risveglia qualcosa nella nostra anima, come se fosse uno specchio. I racconti all’interno dell’opera passano dai ghiacciai della Groenlandia al deserto della penisola araba, dall’inferno della Dancalia alle steppe della Mongolia, dal Mare d’Alaska all’Aurora Boreale. Un cammino mai saturo, affamato di vita, di incontri con gente e culture diversa, di natura selvaggia e silenzi assordanti. Il tutto con la consapevolezza di essere una piccola parte in equilibrio con quello che ci circonda.

Cosa rappresenta per te il viaggio?
Il viaggio è per l’anima ciò che il cibo è per il corpo. 
La prima volta che sono andato fuori dall’Europa è stato nell’inverno 2005 in Thailandia, un viaggio che prevedeva mare e divertimento. Durante la permanenza sentivo che la ricerca di un divertimento effimero non poteva essere il fine di un viaggio, così un giorno mentre stavamo facendo un tour che prevedeva snorkeling in diverse piccole isole ho deciso di non riprendere la barca per tornare nel nostro alloggio in terraferma e sono rimasto in quest’isola semideserta e non turistica. Senza avere una lingua in comune con gli autoctoni, sono rimasto a vivere quei giorni con una famiglia locale che mi ha quasi adottato; comunicavamo a sorrisi, il tempo era scandito dal sole ed i pasti dalle battute di pesca. Lì ho capito quanto sia importante il bisogno di “perdersi” per “ritrovarsi”, denudato dalle zavorre quotidiane, dai preconcetti di una società sovastrutturata come la nostra, fatta spesso di belle facciate ma povera al suo inreno. 
Il viaggio è un opportunità di crescita, di mettersi a confronto con realtà diverse, dove alla base, per quanto tu lontano possa andare, il minimo comune denominatore è lo stesso: la famiglia, l’amore, la condivisione

Viaggiare significa uscire dal proprio recinto, incontrare persone diverse che possono insegnarti qualcosa di nuovo; viaggiare aiuta a sognare, ti forma e rafforza i pensieri, ti insegna che siamo una grande comunità e tutte le persone del nostro pianeta meritano rispetto e dignità.

Scrivere cosa rappresenta per te?
Lo “scrivere” è fortemente legato al viaggiare dato che attraverso il viaggio arrivano stimoli forti, nuovi e coinvolgenti. Ho sempre scritto in adolescenza dei pensieri o delle storielle, ma lo facevo su dei fogli “volanti” che andavano spesso persi. Nel giorno del mio compleanno, luglio 2007, la ragazza con cui mi frequentavo mi regalò una moleskine, un taccuino ed una penna, con un bigliettino con sopra scritto “da oggi in poi scrivi qui tutto quello che ti passa per la testa” e così feci. A distanza di un anno ho pubblicato il mio primo libro e da quel giorno ho sempre con me una Moleskine e una penna per scrivere di getto quello che mi passa per la mente. Scrivere per me rappresenta una terapia e una salvezza; nonostante sia laureato in scienze storiche, lavoro in una fabbrica, dove la mansione è ripetitiva, le persone tutte vestite uguali, stesse facce, stessi movimenti; questo porta ad un rischio di “atrofizzazione mentale” e la scrittura è proprio un sistema difensivo per la mia testa attraverso il quale i sogni ed i pensieri rimangono liberi e vivi. 
Scrivere per necessità e vocazione.

Prossimi progetti?
Avevo in mente alcune cose ma sono state bloccate causa Covid-19. Un progetto che mi stava a cuore era quello di visitare il Kurdistan-Iraq; ho delle conoscenze che mi permettevano di visitare il campo profughi a un paio di ore da Erbil (capitale del governatorato). I rifugiati sono kurdi scappati dalla Turchia Orientale e dalla Siria; è una situazione vergognosa che passa indifferente agli occhi del mondo occidentale e che invece ci dovrebbe interessare molto da vicino, per denunciare innanzitutto le stragi compiute dal tiranno Erdogan a scapito di questa minoranza etnica ed i flussi migratori che ne derivano; bisogna inoltre sottolineare lo sforzo che il popolo kurdo ha compiuto nella lotta contro l’Isis (anche per noi) prima di essere stato tradito da UE-Usa. Volevo ripetere l’esperienza di volontariato fatta nei campi profughi del Sahara Occidentale dove invece il carnefice è il Marocco e le vittime i Sahrawi; in tutte queste situazioni c’è sempre il solito manipolatore che difende i propri interessi economici: il mondo liberista occidentale.

Claudia Crocchianti

Giornalista pubblicista e scrittrice